Saper dire di NO.
La sindone dello Yes Man
Ogni giorno assecondavo le richieste di tutti. La famiglia, gli amici e i colleghi sapevano già che la mia risposta sarebbe sempre stata affermativa e io ogni volta con un bel sorriso stampato sul volto pronunciavo il mio SI .
Dovevo rendermi sempre disponibile. Ero considerato altruista e generoso e non potevo disattendere le aspettative degli altri. Il mio obiettivo di vita era aiutare il prossimo… o aiutare me nel fare così ?
La mia era diventata una missione, una predisposizione quasi sovrannaturale. La gente intanto mi apprezzava. Il consenso sociale mi faceva sentire bene, un bel ritorno e contraccambio affettivo.
Con l’avanzare degli anni e con l’aumentare delle richieste di aiuto sempre più insistenti e fuori luogo notai che quando vedevo gli altri avvicinarsi per chiedermi qualcosa,
mi agitavo, percepivo calore sul viso e quando dicevo SI, mi assaliva l’ansia perché così sarei stato costretto a occuparmi di un nuovo impegno altrimenti avrei deluso il richiedente e ciò non doveva assolutamente accadere de essere deluso. Mi caricavo di ansie e di fatiche vivendo da sempre così e non avendo mai tempo per me. Magari io potevo pur essere deluso, ma senza aspettarmi mai nulla dagli altri.
Non potevo andare avanti così, mi ero ridotto allo stremo delle mie forze pur non avendone consapevolezza di tale meccanismo.
Mi sono rivolto alla psicoterapia per risolvere alcuni problemi e un giorno che il dottore parlò del numero 1 che è il nostro vero se, e del numero 2, la considerazione assoluta degli altri dentro e fuori di noi, presenti entrambi in ciascuno di noi, allora realizzai quello che succedeva in me.
In pratica il numero 1 sarebbe la nostra reale personalità, il nostro IO, che vorrebbe emergere e che invece noi facciamo tacere per dare spazio al numero 2 che ubbidisce alle regole della società, al senso del dovere, che si allinea alle convenzioni e cerca irrimediabilmente il consenso sociale.
Concretizzavo finalmente di aver sbagliato tutto sino a quel momento, amarmi attraverso gli altri e il loro consenso, distruggeva la mia autostima.
Capii che ero totalmente dipendente dagli altri, dal loro riconoscimento e sebbene sapessi in fondo al mio cuore di sentirmi spesso usato, sfruttato il mio numero 2 rispondeva sempre di SI a chiunque, perché io senza gli altri non avrei avuto ragion d’essere. Il mio non era assolutamente un SI sincero.
Il mio SI era un obbligo. Dovevo piacere a riti i costi agli altri, dovevo occuparmi della mia famiglia, dovevo essere collaborativo con i miei colleghi, DOVERE, DOVERE, DOVERE.
E io? Il mio numero 1, sempre dopo, da parte, mai presente.
Quella seduta fu illuminante. Avrei dovuto cambiare qualcosa. Dovevo provare a dire il mio NO sincero. Non era facile però per un assistenzialista come me imparare a dire NO. Dovevo essere più leale con me, esprimere il mio parere, prendere una posizione attiva.
Dovevo dare spazio finalmente a questo numero 1 che probabilmente non aveva mai proferito parola. Basta la passività, basta essere succubi della società. Volevo autodeterminarmi.
Iniziai quindi a dire quei NO veri con grande difficoltà. Subentrava spesso il senso di colpa per non aver aiutato qualcuno. Però d’altro canto iniziavo a sentirmi meglio. Diminuirono quelle ansie, quella agitazione. Sapevo quindi che stavo perseguendo la strada giusta. Incomincio ad esistere anch’ Io.
Realizzai che questo malessere che percepivo mentalmente e fisicamente era provocato dal mio numero 1 che si dimenava ed affogava dentro di me ogni volta che dicessi SI. Dovevo dare importanza a queste reazioni. Dovevo soffocare il numero 2 e lasciare spazio a me.
Quando dicevo NO mi accorgevo di recuperare un pezzo di vita. Mi sono ritrovato sgombro di pensieri e di affanni legati al mio mondo esterno. Avevo più tempo per me e potevo finalmente lavorare sulla mia persona e riprendere la mia progettualità.
Provavo soddisfazione a dire NO a quelli che fino a qualche tempo fa credevano di controllarmi e adesso prendevano coscienza del mio essere.
Gli altri non puoi portarteli a spalla se non imparano a fare qualcosa per se, come sto imparando io.
Mi circondavo di persone giuste che veramente mi volevano bene e non approfittavano della mia generosità.
Oggi mi dedico alle mie passioni. Progetto la mia vita senza dipendere da nessuno. Sono più libero e determinato.
Mi reputo sempre altruista ma sono consapevole che non si possono aiutare gli altri se prima non si sta bene con se stessi. Ho preso Nuovamente le redini della mia vita.
Ringrazierò sempre il NO per il forte potere terapeutico che ha avuto in me. Il NO è il primo passo per l’autodeterminazione, è fondamentale per l’emancipazione ed è la più forte espressione di protesta esistente che aiutano gli altri a lavorare su se stessi.
Bisogna partire dal NO per riconquistare la propria vita e per aiutare gli altri a prendersi cura realmente di se, perché il vero aiuto che possiamo dare al prossimo non è l’ assistenzialismo, ma lasciar intendere di lavorare su se stessi, come per me, per migliorare.
marcello
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