
Fame di Vita
La vita, si sa, è un percorso intricato straordinario. Vi è chi, forse mosso da una maggior consapevolezza o spinto da un’inspiegabile esuberanza, è in grado di vivere anche i momenti più
critici come vere e proprie occasioni di crescita personale; sfide colte come tramite di
conoscenza di sé, strumenti necessari per l’attualizzazione delle proprie risorse, ma anche per consolidare le basi in ottica di una prospettiva futura di gioia, quasi si trattasse di un azzardo verso la felicità.
Una promessa presente di riscatto e sicura prosperità. Si tratta di persone che
vivono l’esistenza nella sua pienezza, nelle sue asperità più crude, nelle sue vivaci contraddizioni e nei suoi estremi, talvolta pungenti, senza precludersi alcunché, senza decretare giudizi di valore troppo occludenti su ciò che capita nel loro personalissimo vissuto.
Quel che colpisce di questa attitudine famelica rispetto la vita sono la forza, la costanza, la
perseveranza di nell’affrontare i disagi e le sofferenze, come a farsi indole personale di tenacia, urlo di resistenza attiva e motivo di stupore per chi ritiene quelle medesime condizioni inaccettabili.
Cosa c’è di diverso, dunque, in coloro che fanno di questa felice ribellione uno stato d’animo prevalente nel fronteggiare le sfide della loro esistenza? Cosa celaquell’ inesauribile energia vitale, quell’attaccamento alla vita tanto ostinato quanto invidiato?
Ogni persona ha la propria storia, un vissuto originale che intesse la trama di espedienti, ricordi e carico emozionale irripetibile. A determinare una differenza sostanziale in un tipo di approccio positivo alla vita è quella capacità, apparentemente ignorata e schernita dai più, frutto di un lavoro incessante con se stessi: la volontà di saper accettare con gratitudine tutto ciò che si presenta, al di là del bene e del male, con una vena di dolcezza e compassione quali antidoto emotivo alle avversità.
Sperimentare personalmente il naufragio di ogni opposizione rispetto gli imprevisti dolorosi che riserva la quotidianità provoca un cambio di prospettiva radicale; si gode delle piccole cose e ci si abbonda con sano ottimismo alle sorprese della vita, rinnegando con convinzione la percezione di sé come vittime inermi dinanzi la tempesta.
Si balla perfino sotta la pioggia battente: un bell’esercizio di fiducia, una lotta contro la staticità di un percorso che sembra
prestabilito ma che vede nel nostro divenire protagonisti, un’azione irrinunciabile. Un inno, un impulso essenziale vigoroso.
Aver fame di vita, brillare di luce propria in modo intenso equivale anche a dare un significato reale ai proprie sentimenti, inglobare ogni tipo di emozione, senza timore di vivere la paura, attraversarla invece, coglierla nel profondo delle sue tenebre.
Potrà sembrare paradossale, ma dietro ad essa si nasconde un’immensa voglia di vivere. Spesso l’ansia, così come altri disturbipsicologici, appaiono esclusivamente come sintomi negativi di un malessere psichico insondabile;
ciò che rivelano, in realtà, è proprio questa pulsione vitale, tanto potente da spaventarci,
difficilmente gestibile ma fonte primaria ed autentica di felicità.
La nostra mente lavora così per scuoterci dalle fondamenta, per risvegliarci alle vibrazioni della vita, con l’intendo fondamentale di farci comprendere che stiamo escludendo dalla nostra esistenza qualcosa di cui abbiamo assolutamente bisogno. La necessità inespressa di un desiderio represso, una sessualità insoddisfacente, sentimenti che non trovano una sana manifestazione, voglia di libertà, modi particolari di essere, obiettivi non raggiunti, e altro ancora.
Trasgredire dinanzi a chi tenta di manipolare le nostre scelte o sradicare ogni tentativo di
autosabotaggio: accettarsi e compiacersi di ogni limite, nell’ottica curativa di apporre
cambiamenti reali nella nostra vita. Prenderne in mano le redini, sfoggiare il sorriso più bello solo perché grati di poter provare e sentire sulla pelle, nella mente, quell’insensata voglia di vita che tutto comprende. Quella fame che altro non è che appetito e riconoscenza per la vita, per noi stessi. Per la cura,
Sintesi a cura di Maria Arancio
Tirocinante di Psicologia Clinica
presso STUDIO BURDI

Stare Solo È Un Dono Da Apprezzare
Non mi senti, anche se urlo.
Ti ripeto da troppo tempo che ho bisogno di te, ho bisogno delle tue attenzioni.
Nel tempo ti ho mandato troppi segnali e sinceramente non capisco come sia possibile che non ti accorgi che ho bisogno che tu volga lo sguardo verso di me.
Inizio a pensare che tu non creda in me, forse credi che io non esista.
Ma davvero pensi di essere solamente tu e i tuoi pensieri superficiali?
Davvero credi che i tuoi amici e le persone che ti circondano, siano tutto il tuo mondo?
Ora, io conosco qual é la tua paura più grande… hai paura di sentirti solo.
Da quanto tempo ti sto chiamando!? In ogni modo. Ogni segnale che il tuo corpo ti ha mandato, beh, ero io che ti tendevo una mano per chiamarti.
Non sei solo. Io sono con te in ogni momento. La solitudine, come tu la intendi, non esiste, perché sentirsi soli ed Essere soli, non sono la stessa cosa. Se sei solo e ti senti solo vuol dire che non credi che io esista.
Io sono te e tu sei me. Io vivo dentro di te, per questo non potrai mai sentirti solo. Dovrai solo imparare a conoscermi e imparare a metterti in contatto con me. Quando lo farai, comprenderai la grandezza che c’è dietro il sapere che non c’è nessuno al mondo che potrà farti sentire completo e incondizionatamente amato come me.
Sai chi sono? Sai come trovarmi? Sono il tuo IO superiore e la solitudine è la mia casa, solo li potrai trovarmi.
Io conosco tutte le leggi che regolano il mondo e l’universo, Io sono l’universo e tu puoi attingere a questo sapere, solo se ti rivolgi a me.
Depressione, malattie croniche, rabbia, herpes, frustrazione, ossessione, dipendenza, tumore, le chiami malattie, ma non lo sono. È il mio unico modo per chiamarti quando volgi il tuo sguardo a cose che con la loro superficialità ti fanno perdere per strade che ti portano lontano dal tuo destino, che solo io posso conoscere.
Il tuo destino è di Essere e l’unica strada che ti ci potrà portare è imparare ad avere fede in me.
fulvio leandro
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Ghosting
Ghosting
Sparire dall’ l’altro, Fuggire da sé.
Lo scenario in cui viviamo, dominato da una profondo senso di inquietudine, assenza di punti fermi ed equilibri precari, sembra convalidarsi anche a livello interpersonale con altrettanta veemenza: la nostra è l’epoca delle relazioni “mordi e fuggi”: tormentate, irrisolte, fugaci, alimentano un vuoto esistenziale tanto radicato quanto evidente.
Legami affettivi inconsistenti fanno di partner che appaiono e scompaiono una modalità comportamentale più che mai frequente. Seduttori che conquistano e abbandonano ripetutamente; uomini che cercano, si concedono e poi si dileguano rapidamente e con presunta facilità.
Questo atteggiamento viene definito Ghosting e correla una serie di problematiche legate ad aspetti di insicurezza, egocentrismo, scarsa empatia ed immaturità.
Il Ghosting è una modalità in prevalenza che si traduce nell’incapacità di stringere rapporti significativi con il prossimo: nella brusca sparizione, nell’irruente dualismo presenza-assenza, emerge quel “NO, non sei tu la mia casa”. Non mi assumo la responsabilità di stringermi affettivamente a te, di conoscerti approfonditamente. NON permetto di insinuarti nella mia vita.
Il fenomeno comportamentale, che distingue un ‘carnefice’ narcisista ed anaffettivo ed una ‘vittima’ umiliata, dipendente emotivamente, lascia intravedere tutte le sfumature psicologiche di una fragile ricerca personale volta ad un inverosimile desiderio di appartenenza, che non trova mai sano nutrimento. Relazioni strumentali fungono spesso da compensazione dinanzi un’esplorazione identitaria che spaventa e da cui si fugge.
Il Ghosting è letteralmente il diventare fantasmi, sparire da un giorno all’altro inaspettatamente, interrompendo ogni forma di comunicazione senza lasciare alcuna motivazione, sulla scia di un’incredula indifferenza. Questo accade anche nel momento in cui, apparentemente, la conoscenza appare in evoluzione.
Per comprende a fondo la dinamica del Ghosting, basterebbe osservare da vicino le caratteristiche psicologiche delle ‘prede’ che subiscono il doloroso abbondono:
1) un soggetto tipo è colui che nelle relazioni tipicamente si nasconde: per timore di perdere il prediletto, evita di mostrarsi. Occultandosi, l’altro avrà l’impressione di interfacciarsi con qualcuno assente, lontano e impalpabile. Pertanto il partner non faticherà ad andare via, scomparendo;
2) diametralmente opposta ma altrettanto vittima, è colei che si sveste di ogni amor proprio per disperdersi in un eccesso di disincantata spontaneità, ingenuità, fiducia e generosità. La facile conquista avverrà tramite parole ammalianti, volte a far breccia su aspirazioni amorose non corrisposte. Il triste epilogo, anche in questo caso, culminerà con la tragica e improvvisa scomparsa dell’adorato: il piacere di una seduzione fine a se stessa, finalizzata al sesso, priva di un reale intento di relazione.
3) altra dinamica disfunzionale, altro ghosting facilitato: quando si cerca di trattenere chi non ricambia i nostri sentimenti, e ci resta vicino solo per dovere. Questo genere di responsabilità obbligata, spoglia di effettivo desiderio, si estinguerà nelle medesime modalità sopra descritte, piegando la vittima ad un languido e marcato senso di colpa e solitudine.
Una casistica, dunque, ampia e variegata quella in esame, in cui il fattor comune risiede nell’insana propensione a giudicarsi meritevoli del trattamento subito. Si avviano così, attraverso mille interrogativi auto recriminanti, manifestazioni ruminative di auto-rimprovero, rimorso o rammarico, fino addirittura a dolorose forme di auto-punizione: cosa ho di sbagliato, e cosa ho sbagliato? Perché è scomparso? Come avrei potuto conquistare davvero l’amato?
La descrizione dell’atteggiamento che assumiamo quando subiamo l’abbondono non deve tralasciare, tuttavia, le intenzioni del partner che fa Ghosting, un’anima inquieta che suo girovagare opportunista sta cercando dimora. Un porto sicuro a cui sente di voler approdare, come presunta soluzione ai suoi implacabili tormenti interiori. Una ricerca insaziabile, destinata pertanto al fallimento.
In sostanza, il fantasma del ghosting fa della fuga una forma di rifiuto decisa. Nel brusco dileguarsi si rigetta la proposta di una relazione invivibile, il non aver trovato la propria casa. Per chi ne è succube, invece, la rinuncia è spesso inaccettabile; il rifiuto accompagna generalmente il giudizio negativo di chi si sottrae all’impegno, come per preservare il proprio dolore.
Difronte il vissuto traumatico del Ghosting, è importante un lavoro terapeutico volto all’accettazione: comprendere di non potersi imporre come casa al prossimo, scrutare da vicino la propria sete d’amore, indagare le motivazioni profonde di chi sceglie di indossare la forma evanescente di un fantasma irrisolto, smascherarsi coraggiosamente
Sintesi a cura di Maria Arancio
Tirocinante di Psicologia Clinica presso STudio BURDI

Shopping Compulsivo
Quando l’acquisto diventa una dipendenza
Cos’è lo shopping compulsivo?
Lo shopping compulsivo, o dipendenza dallo shopping, è un disturbo caratterizzato da un’eccessiva tendenza all’acquisto, che può influenzare negativamente la qualità della vita di una persona.
Mentre alcune persone con questa condizione sviluppano una preferenza per determinati prodotti, come orologi o cibo, altri comprano in modo compulsivo senza restrizioni.
In ogni caso, il disturbo dell’acquisto compulsivo può avere effetti negativi sulle finanze personali e sulle relazioni sociali.
Pur non essendo ufficialmente riconosciuto dal DSM, il disturbo da acquisto compulsivo è considerato un problema legittimo dai professionisti della salute mentale. Questa condizione può avere un impatto duraturo sugli individui e sui loro cari, e le opzioni di trattamento sono simili a quelle per altre dipendenze comportamentali.
Segni distintivi della spesa compulsiva
Ecco alcuni possibili segni distintivi della spesa compulsiva:
1. Acquisti impulsivi e irrazionali: la persona che soffre di spesa compulsiva può fare acquisti senza una reale necessità o senza considerare le conseguenze finanziarie.
2. Preoccupazione eccessiva per lo shopping: chi soffre di spesa compulsiva può passare molto tempo a pensare al prossimo acquisto o a pianificare i propri acquisti.
3. Sensazione di sollievo temporaneo: l’acquisto può portare una sensazione di sollievo temporaneo, ma che viene seguita da una sensazione di colpa o di rimorso.
4. Difficoltà a resistere all’impulso di acquistare: la persona che soffre di spesa compulsiva può avere difficoltà a resistere all’impulso di acquistare, anche se non ci sono soldi sufficienti o se l’acquisto non è necessario.
5. Acquisti ripetitivi o ossessivi: la persona che soffre di spesa compulsiva può acquistare lo stesso prodotto in modo ripetitivo o ossessivo, o può avere un’ossessione per determinati negozi o marche.
6. Nascondere o mentire sui propri acquisti: chi soffre di spesa compulsiva può nascondere gli acquisti ai propri cari o mentire sui costi reali degli acquisti.
7. Utilizzo di carte di credito o prestiti: la persona che soffre di spesa compulsiva può utilizzare carte di credito o chiedere prestiti per finanziare gli acquisti, anche se non ci sono i soldi per pagarli.
8. Sensazione di perdita di controllo: la persona che soffre di spesa compulsiva può avere la sensazione di perdere il controllo sulla propria vita e sui propri acquisti.
9. Problemi finanziari o debiti: la spesa compulsiva può portare a gravi problemi finanziari, come indebitamento e difficoltà a pagare le proprie bollette o le proprie spese quotidiane.
Fattori di rischio
Ci sono diversi fattori di rischio che possono contribuire allo sviluppo di uno shopping compulsivo:
10. Ansia e depressione: le persone con disturbi d’ansia o depressione possono utilizzare lo shopping come mezzo per alleviare i loro sintomi.
11. Bassa autostima: le persone con bassa autostima possono cercare di aumentare il loro senso di autostima attraverso l’acquisto di beni materiali.
12. Storia di abuso: le persone che hanno subito abusi fisici, sessuali o emotivi possono utilizzare lo shopping come mezzo di fuga o di conforto.
13. Storia familiare: le persone che hanno familiari con problemi di dipendenza, tra cui dipendenza dallo shopping, possono essere più inclini a sviluppare lo stesso comportamento.
14. Problemi finanziari: le persone che si trovano in difficoltà finanziarie possono utilizzare lo shopping come mezzo per affrontare lo stress e la tensione.
15. Pressione sociale: la pressione dei social media e della società in generale per avere e mostrare beni di consumo costosi può portare alcune persone a sviluppare comportamenti di acquisto compulsivo.
16. Accesso facile al credito: la disponibilità di carte di credito con limiti di credito elevati può facilitare l’acquisto di beni anche quando non si dispone di denaro sufficiente per farlo.
Come fermare lo shopping compulsivo
Fermare lo shopping compulsivo può essere una sfida, ma ci sono alcune strategie che possono aiutare a gestire questa dipendenza:
17. Identificare le emozioni negative che scatenano lo shopping compulsivo: l’ansia, la depressione, la noia o la solitudine possono essere alla radice dello shopping compulsivo. Identificare queste emozioni e trovare modi alternativi per gestirle può aiutare a ridurre l’impulso di fare acquisti.
18. Creare un budget e rispettarlo: è importante stabilire un limite di spesa realistico e rispettarlo. Evitare di utilizzare le carte di credito e optare per metodi di pagamento alternativi, come il contante o le carte prepagate.
19. Fare una lista della spesa e rispettarla: prima di fare acquisti, fare una lista dettagliata degli articoli necessari e rispettarla. Evitare di acquistare oggetti impulsivamente che non sono nella lista.
20. Evitare di frequentare luoghi di shopping: evitare di frequentare centri commerciali e negozi può aiutare a ridurre l’impulso di fare acquisti.
21. Chiedere aiuto: il supporto di amici e familiari può essere utile per affrontare lo shopping compulsivo. Inoltre, rivolgersi a uno psicologo specializzato in dipendenze può aiutare ad affrontare e gestire la dipendenza.
Ricorda che fermare lo shopping compulsivo richiede tempo e impegno, ma è possibile gestirlo e superarlo con le giuste strategie e il supporto adeguato.
Quando cercare un aiuto professionale
Le dipendenze comportamentali possono essere fonte di vergogna e disagio per molte persone, il che può renderle riluttanti a cercare aiuto.
Tuttavia, se stai lottando per controllare il tuo comportamento di shopping compulsivo e senti che sta influenzando la tua vita quotidiana, potrebbe essere il momento di considerare la possibilità di cercare aiuto professionale.
Inizia cercando un terapeuta specializzato nel trattamento delle dipendenze comportamentali.
Molte di queste persone utilizzano tecniche terapeutiche cognitive e comportamentali per aiutare i clienti a identificare i fattori scatenanti che portano al comportamento di shopping compulsivo e implementare strategie di coping alternative.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso Studio Burdi

La Disfunzione Erettile
Erezioni in difficoltà: comprendere la disfunzione erettile e le opzioni di trattamento
Che cos’è la disfunzione erettile?
La disfunzione erettile, nota anche come ED, è un problema sessuale comune tra gli uomini che si manifesta quando si ha difficoltà ad ottenere o mantenere un’erezione sufficientemente dura per il sesso.
Non è normale se l’ED si verifica regolarmente o è progressiva nel tempo e dovrebbe essere trattata.
Le cause possono essere molteplici, tra cui limitazioni del flusso sanguigno al pene o danni ai nervi, stress emotivo o come avvertimento precoce di una malattia più grave come arteriosclerosi, malattie cardiache, ipertensione o glicemia alta da diabete.
Trovare le cause della disfunzione erettile aiuta a trattare il problema e migliorare il benessere generale, e ciò che è buono per la salute del cuore è anche buono per la salute sessuale.
Sintomi
La disfunzione erettile (DE) è una condizione in cui è difficile ottenere o mantenere un’erezione sufficientemente solida per avere un rapporto sessuale.
Se questa difficoltà si verifica in modo regolare e diventa un problema fastidioso, è importante parlare con un medico di base o un urologo. La DE può essere un
segnale di avvertimento di malattie cardiovascolari e può indicare un accumulo di blocchi nel sistema vascolare di un uomo.
Infatti, alcuni studi hanno dimostrato che gli uomini con DE hanno un rischio maggiore di infarto, ictus o problemi circolatori alle gambe.
Inoltre, la DE può provocare una bassa autostima, depressione e angoscia per l’uomo e la sua compagna.
Se la DE sta influenzando il benessere di un uomo o delle sue relazioni, è importante cercare un trattamento che possa correggere o migliorare la funzione erettile, aiutare la salute circolatoria e migliorare la qualità della vita dell’uomo.
Cause
La disfunzione erettile (ED) può essere causata da problemi di salute, problemi emotivi o da una combinazione di entrambi.
Ci sono diversi fattori di rischio noti che possono contribuire alla comparsa dell’ED, tra cui l’età (in particolare oltre i 50 anni), livelli elevati di zucchero nel sangue (diabete), alta pressione sanguigna, malattie cardiovascolari, alti livelli di colesterolo, fumo, consumo di droghe o alcol e obesità.
Tuttavia, l’invecchiamento non sempre causerà l’ED e alcuni uomini rimangono sessualmente attivi fino ai loro 80 anni.
La disfunzione erettile può essere un segnale precoce di un problema di salute più serio, quindi trovare e trattare la causa sottostante della ED è un passo importante per la salute sessuale e generale.
Cause emotive
La disfunzione erettile può essere causata o aggravata da problemi emotivi o relazionali. Per un sano rapporto sessuale, la mente e il corpo devono lavorare insieme. Alcuni problemi emotivi che possono causare DE includono:
Impatto sulla vita dell’uomo
La disfunzione erettile (DE) può avere un impatto significativo sulla vita di un uomo. In primo luogo, può influire sulla sua capacità di avere una vita sessuale soddisfacente, causando ansia e frustrazione.
La DE può anche influenzare negativamente la sua autostima e la sua fiducia in se stesso come amante e come uomo.
Può anche causare tensione e conflitti nelle relazioni di coppia, poiché il partner potrebbe sentirsi respinto o indesiderato.
Inoltre, la DE può essere un segnale di avvertimento di malattie cardiovascolari, che possono avere conseguenze gravi sulla salute.
La ricerca ha anche dimostrato che gli uomini con DE hanno un rischio maggiore di depressione e altri disturbi psicologici.
Pertanto, se la DE sta influenzando la qualità della vita di un uomo, è importante cercare aiuto medico per identificare e trattare la causa sottostante e migliorare la funzione sessuale e la salute generale.
Impatto sulla vita di coppia
La disfunzione erettile non deve essere un tabù perché è una condizione medica comune che può influire sulla qualità della vita di un uomo e della sua compagna. Molti uomini provano vergogna o imbarazzo a parlarne e cercare aiuto medico, ma ignorare la DE può portare a problemi di salute più gravi e persino a depressione e ansia.
Inoltre, la DE può essere causata da una varietà di fattori, tra cui problemi di salute e fattori emotivi, e può essere trattata efficacemente con una combinazione di cambiamenti dello stile di vita, terapie comportamentali e farmaci.
Con la giusta assistenza medica e il supporto emotivo, la maggior parte degli uomini può superare la DE e tornare a una vita sessuale soddisfacente.
Trattamento della DE
Ci sono diversi trattamenti disponibili per la disfunzione erettile (DE) e la scelta dipende dalla causa sottostante e dalle preferenze del paziente.
È importante parlare con il medico per determinare quale trattamento potrebbe essere più appropriato e sicuro per ogni situazione.
Ricorda…
La disfunzione erettile non deve essere un tabù perché è una condizione medica comune che può influire sulla qualità della vita di un uomo e della sua compagna. Molti uomini provano vergogna o imbarazzo a parlarne e cercare aiuto medico, ma ignorare la DE può portare a problemi di salute più gravi e persino a depressione e ansia.
Inoltre, la DE può essere causata da una varietà di fattori, tra cui problemi di salute e fattori emotivi, e può essere trattata efficacemente con una combinazione di cambiamenti dello stile di vita, terapie comportamentali e farmaci. Con la giusta assistenza medica e il supporto emotivo, la maggior parte degli uomini può superare la DE e tornare a una vita sessuale soddisfacente.
Valentina Cicerone
Tirocinante di psicologia presso Studio Burdi

Le Due Facce Della Medaglia
- LE DUE FACCE DELLA MEDAGLIA
Nelle vite di ognuno di noi è sicuramente capitato di ritrovarci in situazioni che compromettono il nostro buon umore, che siano problemi d’amore, perdite di persone care, provare solitudine o ambiguità quando si è all’interno di un gruppo di persone, problemi nel relazionarsi con gli altri, introversione, vergogna di sé stessi e così via. Ciò che bisogna capire è che qualsiasi cosa accada, essa ha un lato negativo ma anche (e soprattutto) positivo.
Di fronte a circostanze quali quelle elencate precedentemente il sentimento predominante è l’infelicità, un sentimento alquanto spiacevole da provare, ma non se si impara a gestirlo propriamente. Attraversare un momento triste, infatti, è il più efficace metodo di crescita che l’uomo possa avere a sua disposizione, solo se si sa girare la medaglia dall’altro lato. E per imparare a farlo bisogna scontrarsi con un nemico crudele e invisibile agli occhi: noi stessi. Si può capire in qualche modo come scoprire questa parte inconscia? Assolutamente sì.
Ognuno di noi ha un’identità, seppure non chiara e ben definita, a cui corrisponde un’altra esattamente contraria alla nostra o, in parole più spicciole, quella parte che non ritroviamo nella nostra identità perché non ci piace o perché estranea ad essa. Solitamente ci se ne accorge quando si ha a che fare con persone molto diverse da noi, ma il nostro obbiettivo è creare quella sorta di persona dentro noi stessi che corrisponda all’esatto opposto dei nostri gusti, del nostro comportamento, del nostro stile, cosicché si possano mettere più realtà a confronto. Tuttavia è corretto esplicitare anche quella parte che potrebbe risultare “maligna” o “tossica”, che è però da utilizzare solo a confronto con i suoi e mai da sola.
Dunque c’è bisogno prima di tutto di creare questo opposto, successivamente conoscerlo e infine saperlo sfruttare al meglio.Alcuni esempi possono rendere meglio l’idea di quanto affermato precedentemente.Di fronte alla rottura di una relazione amorosa, non bisogna dare spazio solo alla sofferenza, bensì anche a quella parte di noi stessi che ci sussurra che i vincoli comportati dalla precedente situazione sono sciolti, oppure, se la relazione è terminata, si può finalmente dire di aver messo un punto a tutti i disguidi e litigi che hanno portato alla rottura. E il tutto può essere migliorato ulteriormente dalla visione dell’amore non come unica ragione di vita ma come la più importante tra le relazioni sociali che si ha, senza escludere le altre meno importanti.
Nel caso di un lutto, la tristezza è imminente. Non sarà così intensa se non si vede il lutto come una perdita ma come un “passaggio” di valori e insegnamenti che il caro ha lasciato e fare in modo che diventino parte di noi, contrariamente a quando probabilmente, durante la vita, venivano ignorati o considerati di poco conto; una sorta di convivenza delle nostre voci interiori con la voce del caro, facendola parlare come se fosse accanto a noi in ogni momento ed esserne felici del ricordo, non tristi per la perdita.
È corretto parlare anche della vergogna di fare ciò che si desidera o ciò che ci piace. Partendo dal presupposto che molte delle persone che passeggiano casualmente non proveranno nessun particolare interesse nei confronti di altri passanti, dobbiamo sentirci più a nostro agio con l’ambiente che ci circonda. Non piacciamo a qualcuno? Per il semplice fatto che non ci adeguiamo alla massa? Adesso, parlando nello specifico di te, lettore, se ritieni di essere diverso da tutti, non pensi sia meglio? Non sarebbe così noioso essere uguale a tutti in comportamento, pensiero ed estetica? E ancora, tu lettore, ti sentiresti meglio ad esprimere te stesso appieno o a nascondere te stesso in quella grande categoria che non fa altro che adeguarsi?
Sono più che sicuro che la risposta è arrivata impulsivamente, da quel che si potrebbe definire “numero 1” della nostra persona, ovvero quel segmento di noi stessi che ci da risposte a situazioni senza analizzarle dal punto di vista razionale.
Qui la seconda faccia della medaglia si può facilmente riassumere con il detto “come ci sarà qualcuno a cui non piace quello che fai, ci sarà anche chi ti adorerà per quello che sei” -e aggiungo- “che ti supporterà per far si che ciò che ti piace si realizzi”. Sta solo a noi la scelta di aprirci affinché arrivi questo cambiamento, nessuno girerà la medaglia al nostro posto. E la vita è troppo breve per non essere vissuta da tutti i lati che ci permette di analizzare.
davide
Continua
Il Pregiudizio
IL PREGIUDIZIO
Il nostro sistema difensivo è concepito per attribuire maggiore rilevanza e focalizzare la nostra attenzione su quelle situazioni che potrebbero costituire una potenziale minaccia per la nostra sopravvivenza e incolumità.
Questo sistema di difesa, di derivazione ancestrale entra in gioconell’uomo moderno anche in quelle situazioni che pur non costituendo una minaccia per la vita, possono compromettere, in base al nostro sistema di attribuzione di valori, la nostra identità relazionale, sociale, affettiva.
In questo senso le risorse cognitive ed emotive vengono quindi completamente mobilitate dai seppur esigui fattori ritenuti negativi e distolte dalle più numerose componenti positive dell’esistenza.
L’estrema focalizzazione sugli elementi negativi, è all’origine diun errore cognitivo importante che si inserisce nella valutazione di sé stessi, della realtà e del mondo, che viene definito “negative bias” ovvero il “pregiudizio negativo”.
Sebbene tale pregiudizio sia originato dalla necessità di preservare l’incolumità dell’uomo, quando questo diventa prioritario e dominante in tutti gli aspetti della vita relazionale, professionale e psichica, esso finisce per costituire un nodo disfunzionale per l’esistenza che necessita di essere sciolto.
All’origine del “pregiudizio negativo” disfunzionale vi è la crescita e lo sviluppo dell’individuo all’interno di una realtà, familiare e sociale, in cui sussiste un sistema di attribuzione di valori e di significati alterato, seppur riconosciuto come valido a livello della comunità, grande o piccola che essa sia. All’interno di questo sistema di attribuzione non vengono riconosciute e valorizzate le risorse, le potenzialità, i desideri, le intuizionidell’individuo nella sua unicità, ma le sue potenziali inadeguatezze di fronte ad un mondo percepito tanto minaccioso,valutante e svalutante, quanto giusto, che richiede l’annichilimento di ogni vibrazione, di ogni battito d’ali e una totale uniformizzazione.
Basti pensare ai numerosi test di ammissione, ai test Q.I., ai test di personalità o alle numerose varie altre etichette che spesso per semplificare la realtà finiscono per ridurre l’essere umano nella sua incredibile complessità ed unicità ad un mero contenitore di informazioni, di saperi, di comportamenti da valutare.
In mancanza di consapevolezza, si finisce allora per delegare a qualcun altro il giudizio e l’approvazione dei propri desideri, delle proprie aspirazioni e di fatto l’anelito alla propria realizzazione e libertà.
Laddove l’ascolto delle voci esterne ha preso il posto dell’ascolto della propria voce interiore, del proprio intuito, dell’amore per sé stessi, diventa difficile se non impossibile saper riconoscere chi siamo veramente, qual è la verità di noi stessi, come entrare in sintonia con la vita, perché abbiamo perso la capacità di intenderela nostra musica.
Nella ricerca della libertà è allora importante imparare a riconoscere due voci controverse che convivono in noi, quella che corrisponde alla parte più vitale di noi, che sà di possedere le ali e di poter spiccare il volo, di essere fatta per questa vita, e quella che corrisponde alla parte più condizionata, frenata dalla paura di sbagliare e di essere annientata, quella che ci vuole convincere che l’unica realtà possibile sono le sabbie mobili dei giudizi e delle etichette.
Una voce che ci fa vedere la nostra bellezza, le nostre risorse e che ci fa desiderare di avere un ruolo attivo in una vita bella da vivere, anche con le sue sfide e difficoltà, dove non esiste giusto sbagliato, ma esiste l’ ”autentico”… e una voce che ci fa vivereattanagliati dal pregiudizio negativo, sempre pronta a fermare, atrattenere dal divenire uomini liberi, che senza neanche accorgercene finisce per farci preferire la sicurezza dell’essere schiavi all’incertezza della libertà.
Solo togliendo giorno dopo giorno il coperchio dalla nostra coscienza, è possibile identificare la voce nascosta condizionantee ridimensionarla, iniziando un percorso verso un’esistenza in cuile nostre scelte ed i nostri discernimenti siano effettuati in veralibertà, in cui sia possibile far crescere e prosperare le nostre componenti più vitali, in un loop virtuoso verso la realizzazione di una vita più autentica, fatta non di paure, ma di strategie di fronte alle difficoltà e di risorse, in cui miracolosamente il ritmoquotidiano monotono e angosciante può finalmente trasformarsinella sinfonia della vita che siamo chiamati a vivere.
Sintesi a cura di
Dott.ssa Laura Cecchetto
Tirocinante di Psicologia
presso Studio Burdi
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Le Passioni
Le passioni
Le passioni sono elementi costitutivi della nostra personalità, poiché sono espressioni della propria individualità.
Le azioni che si fanno per passione danno gioia ed un’immensa soddisfazione.
Quando ci si dedica ad un’attività appassionante, il tempo e gli altri non esistono più: quel tempo è dedicato solo a sé stessi, alla propria creatività. Quelle passioni generano benessere, aumentano la propria autostima, non ci giudicano e ci regalano uno splendido sorriso luminoso. Sono il nostro battito animale.
Le passioni-distrazioni sono diverse, divergenti ed alienanti. Denotano una via di fuga, un attimo di quiete durante la tempesta delle preoccupazioni, per non prendere coscienza del problema. Tolgono l’attenzione, l’ostruzionismo di sé e dei propri bisogni repressi dal dovere e dl dare importanza prima agli altri che a sé stessi.
Queste appassionanti distrazioni rivelano l’oblio di sé stessi e del proprio bambino interiore, in una lenta eutanasia. Ancor più differenti sono le passioni-ossessioni, che divorano dall’interno: il piacere viene sopraffatto dall’ideale del piacere rafforzato dall’idea di dover fare questa attività per ottenere benessere.
Questa felicità illusoria e fugace è affamata di tempo ed energia, isola e rinchiude l’individuo in uno scrigno, come per proteggerlo in un mondo tutto suo.
Le passioni-distrazioni sono preoccupazioni.
Le passioni-ossessioni sono insoddisfazioni.
Queste passioni generano frustrazione, rabbia e rimpianti.
Le passioni-benessere derivano dal desiderio e conducono alla realizzazione di questo “motore”: ci permettono di sorpassarci, incrementano la curiosità e plasmano la realtà, migliorandola, come la desideriamo.
Avere passioni-benessere rivela il vero sé, spudorato, coraggioso, contro-corrente e senza compromessi. Sono le nostre passioni: risorse ed arricchimento del proprio universo interiore.
È il nostro battito animale, che prende e porta via con sé, quell’istinto naturale che c’è e batte nel nostro essere naturale, e che batte, batte, fino alla morte. Avere passioni è voler essere felici per sé stessi.
Eva BLASI
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IN FRANCESE
Les loisirs-passions
Les passions sont des éléments constitutifs de notre personnalité, puisqu’elles sont l’expression de notre propre individualité.
Les actions réalisées par passion donnent à l’être humain une immense joie et un sentiment de pleine réalisation et satisfaction. Quand on se dédie à une activité passionnante, le temps et les autres n’existent plus : ce temps est dédié seulement à soi-même, à sa propre créativité. Ces passions génèrent du bien-être, augmentent l’estime de soi, ne nous jugent pas et nous donnent un merveilleux sourire lumineux.
Les passions-distractions sont différentes, diverses et aliénantes. Elles sont le pâle reflet d’une sortie de secours, de fuite de soi, de calme avant la tempête des inquiétudes, pour ne pas prendre conscience de l’existence d’un problème et se voiler la face. Elles nous apportent une distraction légère et momentanée pour mieux cacher la misère de notre vide intérieur, l’oubli de soi-même, des propres besoins réprimés par le devoir et de donner la priorité d’abord aux autres puis à nous-mêmes. Ces passionnantes distractions révèlent la lente euthanasie en cours de notre enfant intérieur.
Les passions-obsessions, quant à elles, nous dévorent de l’intérieur : le plaisir est remplacé par l’idéal du plaisir renforcé par l’idée de devoir faire cette activité pour obtenir du bien-être. Cet éphémère bonheur illusoire est affamé de temps et énergie, il isole e retient prisonnier l’individu dans sa cage dorée, lui donnant l’impression de le protéger tant qu’il est dans sa propre bulle.
Les passions-distractions sont des préoccupations.
Les passions-obsessions sont des insatisfactions.
Ces passions génèrent frustration, colère et regrets.
Les passions bien-être tirent leurs origines du désir e conduisent à la réalisation de ce « moteur » intérieur à soi: elles nous permettent de nous surpasser, d’éveiller et aiguiser notre curiosité, pour façonner la réalité, telle que nous la désirons.
Avoir des passions bien-être révèlent notre vrai soi-même : hardi, courageux, audacieux, original et franc, sans compromis. Nos passions sont des ressources et un enrichissement de notre propre univers intérieur.
Avoir des passions, c’est vouloir d’abord être heureux pour soi-même.
Eva BLASI
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IN CINESE
爱好
爱好是个人的基础因为表是个人的乐趣。
你做爱好的事儿给你最大的乐趣与得意:那个时候,人与时间不存在。 这个时间只是为你自己, 给你创作经验。 这样的爱好让你提高你自己的相信, 不批评你, 给我们一个笑得合不拢嘴。
消遣的爱好表示一个心理的跳跑, 为了看不见问题的原因,为了我看不见你自己不接触没达到的希望, 要做的事儿, 别人比你更好,别人比你跟重要。
而且, 顽念的爱好吃你自己的心里与心理里面:乐趣变了一个理想, 吃你的时间与力气, 隔离你在自己里面的世界。
消遣的爱好是担心。
顽念的爱好是不满意的感觉。
这样的爱好的结果是受挫, 愤怒, 后悔。
乐趣的爱好是从心里希望来的, 让你的实现起出希望。
爱好是自己的愉快。
伊轩媖 Eva BLASI
Continua
Wu Wei
IL VALORE TERAPEUTICO DEL WU WEI E IL FLUSSO DELLA VITA e
La Teoria del Non Attaccamento
Il Wu Wei è un concetto al cuore della filosofia Taoista, utilizzato recentemente anche in alcuni approcci terapeutici (1).
Spesso tradotto come “non-agire”, esso descrive in realtà un principio di azione senza sforzo che richiede il non attaccamento al risultato dell’azione.
Si tratta dunque di un’azione mirata che si svolge in armonia con la realtà e che comporta lo sviluppo di particolari qualità interiori e una visione della vita fondata sulla fiducia, la lungimiranza e la consapevolezza profonda della causalità e della transitorietà degli eventi.
Il Wu Wei richiede la capacità di coltivare in sé la capacità di essere recettivi e disponibili alla realtà, di ampliare lo sguardo e affinare il proprio spirito di osservazione nella relazione con questa.
Ciò è reso possibile dalla capacità di mettere da parte, momento dopo momento, le aspettative e l’attaccamento emotivo ad un preciso risultato, per lasciare spazio alla realtà e a ciò che essa richiede negli eventi e nelle situazioni che si presentano.
Si tratta di percepire le opportunità e limitare la dispersione delle nostre energie, entrando in sintonia con la direzione del fiume della vita, in una prospettiva di fiducia che richiede una particolare relazione con il tempo, una sorta di senza tempo in cui tutto è possibile.
Sebbene apparentemente legato al concetto di “rinuncia” alle nostre aspettative, il Wu Wei ci proietta in realtà verso la dimensione di un risultato sicuro-certo, il migliore, che implica un’azione che opera di concerto con il flusso della vita.
Questo concetto filosofico è particolarmente utile nella relazione con la sofferenza psicologica.
Infatti laddove spesso l’ostacolo, il rifiuto, l’inadeguatezza che si sperimenta viene vissuto come qualcosa di immutabile, di irreversibile e permanente, immodificabile, il Wu Wei mette l’accento su un aspetto fondamentale della nostra esistenza, quello della transitorietà e mutabilità degli eventi, in cui grazie all’attesa sapiente, all’osservazione e quando opportuno, all’azione mirata, tutto può evolvere nella nostra realtà : ciò che non è qui in questo spazio e in questo momento della nostra vita può esserlo in un altro, quello giusto, se coltiviamo la fiducia e la consapevolezza. Anche i nostri desideri e le nostre aspettative possono evolvere se coltiviamo l’attenzione alla realtà e con questa stabiliamo una relazione di fiducia e reciproca costruttiva interazione.
Il concetto di fiducia nel corso della vita, è strettamente correlato alla dimensione del rapporto con noi stessi e alla relazione che abbiamo con il tempo.
Spesso infatti ci attacchiamo ad un risultato o ad un’aspettativa relazionale, perché abbiamo bisogno, il prima possibile, di conferme che possano liberarci dal lancinante dubbio che ci portiamo dietro sulla nostra inadeguatezza.
Ma più grande è questo desiderio di conferme, più grandi le schiavitù che ci costruiamo intorno.
Attendiamo che il risultato si manifesti esattamente nella direzione da cui ce lo attendiamo, quella in cui abbiamo maggiormente investito con sforzo ed impegno, attanagliati dalla paura che la risposta tanto attesa non arrivi o che quella mancata risposta, confermi definitivamente la nostra inadeguatezza.
Paradossalmente molto spesso più siamo schiavi di queste conferme più queste tardano ad arrivare.
Il Wu Wei ci ricorda che la realtà ci dice sempre la verità di un momento e in quanto tale questa è la migliore opzione possibile.
Tuttavia essa non è una verità assoluta, la verità che emerge ora è una verità transitoria, ma con cui possiamo relazionarci in maniera costruttiva, a volte semplicemente lasciando che le cose accadono e seguano il loro corso, mentre noi, se siamo abbastanza recettivi, aperti e fiduciosi possiamo intanto osservare e orientare lo sguardo dentro e fuori di noi, laddove sicuramente, se apriamo gli occhi, si svelano a noi nuovi orizzonti e nuove consapevolezze.
Prime fra tutte la consapevolezza di essere sempre più importanti di un risultato materiale o relazionale, e la consapevolezza che il risultato si può tanto più manifestare quanto meno abbiamo una relazione di dipendenza da questo e quanto più coltiviamo una relazione di fiducia sapiente e lungimirante con noi stessi e con la vita, nelle sue molteplici sfaccettature.
Coltivare, giorno dopo giorno, anche grazie ad un supporto esterno adeguato, una visione di questo tipo, significa accrescere il rispetto per noi stessi e consolidare un senso di fiducia e stabilità interiori, convinti di vivere una vita in cui noi, come gli altri, siamo protagonisti, appassionati non del risultato ma del percorso, in un’avventura in cui attenti, versatili e flessibili, interagiamo con la realtà, impariamo da questa e questa diventa via via più docile e appassionante.
Sintesi a cura di:
Dott.ssa Laura Cecchetto
Tirocinante di Psicologia
presso Studio Burdi
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Continua

L’ Incredibile
L’ INCREDIBILE
Casi Clinici. Pillole di storie reali.
“ Sono felice di entrare nel mio Studio, perché, finalmente incontro persone sane “
Molto spesso mi viene formulato il seguente quesito: ma chi è il “matto” ? Comunemente si afferma che è colui che non si pone questa domanda e che non sa mai di esserlo, ma è convinto innanzitutto che lo siano tutti gli altri; non sa mettersi mai in discussione, si camuffa, è gentile, manipolatore e bizzarro, maniacale, stupefacente, scaltro, lascia attoniti, ha dell’ incredibile, è al limite tra lo stupore, la seduzione, il mistero, la follia e il reato, è un, supera ogni limite consentito dal buon senso.
Incontriamolo nel concreto; in queste pillole di storie vere, cercando di riconoscere in esse il confine tra malattia e normalità.
A noi le storie :
Mio marito mi ha forato le gomme dell’ auto, è geloso, per evitare che vada al lavoro e mi renda autonoma. Lui invece, cinque anni dentro, una storia con mia madre, ora si è specializzato come pusher. Posso essere depressa ?
Mia madre mi fa un prestito di 6000 euro e mi chiede gli interessi da usura.
Ho il morbo di Crohn, ho 40 anni, vivo da solo, ho il cantiere in casa, ho perso il lavoro, quasi muoio; ho chiesto alloggio a mia madre, mi ha risposto che una volta uscito di casa, non rientri più. È la tradizione per noi meridionali o non ho mai avuto una mamma ?
Sono una accumulatrice seriale. Casa è diventata un deposito di oggetti inutilizzati. Dormo in un angolo del letto, sono attaccatissima ai miei ricordi, più ingombranti di me. L’ appartamento pesa tonnellate di roba per metro quadro, non butto nulla e se provo a distaccarmene, impazzisco, mentre dai miei figli sono distaccata, li tengo a continentale distanza.
Mi ha costretta ad abortire, garantendomi un mondo ed altro, ma è scomparso.
Ho quarant’anni, mio padre ha abusato di me sessualmente dai 5 ai 12 anni, sono sempre stata un angelo, mia madre lo ha sempre saputo, ma abbiamo preferito conservarci la famiglia del mulino nero, restando insieme.
Ho scritto una lettera di addio a mia moglie e ai miei due figli, come ultima chance, prima di farla finita, ho fatto terapia. Ora ne sono fuori. Vent’anni dietro ad una diffamazione popolare, quella di essere un ricchione, solo per aver detto di no alle avance di una donnina. Non sapevo a cosa servisse la rabbia come lo so molto bene adesso.
Mio padre e mia madre si picchiavamo, avevo cinque anni, ora ne ho trenta in più. Allora avevo continuamente incubi e sognavo dei mostri, tanto che in casa creavo loro delle trappole, in pratica, versavo dello svelto sui pavimenti, e tutti scivolavano, ma per i miei, ero un folle, semplicemente un pazzo.
Mio cognato mi ha abusato dagli 8 ai 13 anni, mi diceva di volermi bene, quando il’ amore in casa mia non sapevo cosa fosse. Mi hanno dato psicofarmaci per 20 anni e i medici dicevano che era colpa delle mie crisi epilettiche. Trent’ anni dopo ho preso la bestia per le corna, l’ ho spubblicato. Ora sono una persona libera, serena e senza psicofarmaci.
Figlio unico, iscritto alla Luis da 10 anni, si son costruiti un’ intera ala di un edificio per i miei anni di fuori corso, da cinque anni mi mancava dare l’ ultimo esame per laurearmi, per farmi inconsciamente notare dai miei. Solo quando ho smesso di attenderli, sono sceso dal letto della mia depressione, con l’ aiuto della terapia, ho ricominciato da me, ho deciso di amarmi da solo, ho trovato lavoro, mi sono laureato, ho ritrovato il mio amore ed ho voluto incontrare i miei.
Figlia unica, mi hanno tenuto sotto una campana, laureata due volte, ma ero imbranata e non sapevo relazionare. Ora cammino, vivo e mi diverto, grazie a chi mi ha preso per mano e poi me l’ha lasciata.
Faceva avanti e indietro con l’ auto in un parcheggio di trastevere. Sono sceso e gli ho chiesto: esce o entra ? mi ha risposto: “a li mortacci tua e di quel bastardo che tua moglie porta nel grembo”. L’ho steso a sangue. Non potevo continuare così, ho capito che la mia rabbia dipendeva dal mio capo, l’ ho affrontato, ho cambiato lavoro ed ora sono sereno.
Mia madre tradiva mio padre, così ho fatto un pieno di donne per odiare mia madre; le ho tutte tradite, l’ una con l’ altra. Ho compreso il mio odio per lei e che le altre non centravano nulla con lei. Ho iniziato a mandarle a casa, una ad una. Ora sto conoscendo chi sono, cosa voglio e chi mi portavo dentro.
Ero chiuso da anni in una stanza, cosa ci facevo ? Aspettavo mio padre che venisse a prendermi, l’ ho visto dieci volte in vent’ anni. Quanta sofferenza e tempo perduto. L’ ho cercato e affrontato e mi ha risposto: “ma lo hai capito che non voglio esserti padre ? ”. Lo avrei picchiato, ma ho compreso ciò che lui non sa, che è malato, ho raccolto le mie forze e sono ripartito da me e da chi mi ha veramente amato.
Non ho mai conosciuto un abbraccio, una carezza o un come stai ! Dai 14 anni avevo solo la coca come il mio amore, per la mia famiglia ero una vergogna. Ora che ne sono fuori, ho la consapevolezza che per fare un figlio, bisogna starci con la testa.
Mia madre per tutta la vita mi ha ribadito che la mia nascita non era stata gradita e dovevo ringraziarla per avermi messo al mondo e che oggi dovrei esserle molto riconoscente. Grazie mamma, per la tua infinita bontà.
Ho 21 anni, la mia passione era diventar medico, non studio più e vivo di sensi di colpa, mi sento un incapace; per i miei, sono la loro unica loro realizzazione, quanta responsabilità, tante aspettative, senza il mio impegno, loro falliscono, non posso sottrarmi a questo impegno, sono bravi, glielo devo, ma alle volte mi sento manipolato con tanto affetto, mi marcano stretto, non capiscono perché sono in depressione acuta, mi manca l’ aria e mi sono bloccato; vendo cara la pelle, non posso deluderli, non voglio diventare loro un peso, devo farcela da solo o magari soccombere se fallisco.
Sono un ragazzo semplice con una passione altrettanto semplice, diventare un musicista. Mio padre non ha mai creduto in me. Mi ha spezzato sempre la voglia di andare avanti. Mi ritrovo anni fuori corso perché “<< la musica non ti dà da mangiare, vai a lavorare >>”. Oggi ho ripreso alla grande con i miei interessi al centro del focus della mia vita.
Cosa c’è di strano e di incredibile in in queste storie vere ? Nulla per i così detti “matti” per i quali tutto è lecito e regolare, ma i “normali” allora chi sono ? Essi sono le vere vittime di certi eventi incresciosi. In queste storie non ci sono argini, ne confini, ne vinti o vincitori, tutto sembra consentito. Percepiamo che tutto deve avere un limite, quando è troppo è troppo, ma questo limite chi lo decide ? Sembra che entrambi abbiano inequivocabilmente e indiscutibilmente ragione. Ma in realtà, non è così .
Esiste una sola verità, se esiste un dolore mentale, non c’è giustizia che tenga. Cosa lo decide il confine tra benessere e malattia ? Lo decide semplicemente e senza ombre di dubbio o alcun minimo equivoco, un dato certo, molto evidente ed irrinunciabile e non equivocabile, è il saper vedere e il rispetto per l’ altro, il Rispetto, che in queste storie viene ripetutamente trascurato ed omesso, sembra spregiudicatamente che tutto debba andare per forza così.
La psicopatologia consiste nel fatto che, il problema non si pone nemmeno, perché la parola “ rispetto “ non esiste nel vocabolario della malattia mentale . A tutti capita, dagli addetti ai lavori e innanzitutto ai non, di incrociare situazioni molto spiacevoli, ai limiti dell’ incredibile e dell’ assurdo, ma la “diagnosi”, la puoi fare già tu, di persona ed in diretta, da solo; gli “altri” non ne sarebbero capaci. Su quale base base potrebbero, se sono immersi nel loro stesso problema ? Comprendere il proprio limite è rendersi conto o meno di cosa sia il “Rispetto”, e se esso è presente o mancante, decide il confine e la labilità tra la salute e la malattia mentale.
giorgio burdi
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