L’ INCREDIBILE
Casi Clinici. Pillole di storie reali.
“ Sono felice di entrare nel mio Studio, perché, finalmente incontro persone sane “
Molto spesso mi viene formulato il seguente quesito: ma chi è il “matto” ? Comunemente si afferma che è colui che non si pone questa domanda e che non sa mai di esserlo, ma è convinto innanzitutto che lo siano tutti gli altri; non sa mettersi mai in discussione, si camuffa, è gentile, manipolatore e bizzarro, maniacale, stupefacente, scaltro, lascia attoniti, ha dell’ incredibile, è al limite tra lo stupore, la seduzione, il mistero, la follia e il reato, è un, supera ogni limite consentito dal buon senso.
Incontriamolo nel concreto; in queste pillole di storie vere, cercando di riconoscere in esse il confine tra malattia e normalità.
A noi le storie :
Mio marito mi ha forato le gomme dell’ auto, è geloso, per evitare che vada al lavoro e mi renda autonoma. Lui invece, cinque anni dentro, una storia con mia madre, ora si è specializzato come pusher. Posso essere depressa ?
Mia madre mi fa un prestito di 6000 euro e mi chiede gli interessi da usura.
Ho il morbo di Crohn, ho 40 anni, vivo da solo, ho il cantiere in casa, ho perso il lavoro, quasi muoio; ho chiesto alloggio a mia madre, mi ha risposto che una volta uscito di casa, non rientri più. È la tradizione per noi meridionali o non ho mai avuto una mamma ?
Sono una accumulatrice seriale. Casa è diventata un deposito di oggetti inutilizzati. Dormo in un angolo del letto, sono attaccatissima ai miei ricordi, più ingombranti di me. L’ appartamento pesa tonnellate di roba per metro quadro, non butto nulla e se provo a distaccarmene, impazzisco, mentre dai miei figli sono distaccata, li tengo a continentale distanza.
Mi ha costretta ad abortire, garantendomi un mondo ed altro, ma è scomparso.
Ho quarant’anni, mio padre ha abusato di me sessualmente dai 5 ai 12 anni, sono sempre stata un angelo, mia madre lo ha sempre saputo, ma abbiamo preferito conservarci la famiglia del mulino nero, restando insieme.
Ho scritto una lettera di addio a mia moglie e ai miei due figli, come ultima chance, prima di farla finita, ho fatto terapia. Ora ne sono fuori. Vent’anni dietro ad una diffamazione popolare, quella di essere un ricchione, solo per aver detto di no alle avance di una donnina. Non sapevo a cosa servisse la rabbia come lo so molto bene adesso.
Mio padre e mia madre si picchiavamo, avevo cinque anni, ora ne ho trenta in più. Allora avevo continuamente incubi e sognavo dei mostri, tanto che in casa creavo loro delle trappole, in pratica, versavo dello svelto sui pavimenti, e tutti scivolavano, ma per i miei, ero un folle, semplicemente un pazzo.
Mio cognato mi ha abusato dagli 8 ai 13 anni, mi diceva di volermi bene, quando il’ amore in casa mia non sapevo cosa fosse. Mi hanno dato psicofarmaci per 20 anni e i medici dicevano che era colpa delle mie crisi epilettiche. Trent’ anni dopo ho preso la bestia per le corna, l’ ho spubblicato. Ora sono una persona libera, serena e senza psicofarmaci.
Figlio unico, iscritto alla Luis da 10 anni, si son costruiti un’ intera ala di un edificio per i miei anni di fuori corso, da cinque anni mi mancava dare l’ ultimo esame per laurearmi, per farmi inconsciamente notare dai miei. Solo quando ho smesso di attenderli, sono sceso dal letto della mia depressione, con l’ aiuto della terapia, ho ricominciato da me, ho deciso di amarmi da solo, ho trovato lavoro, mi sono laureato, ho ritrovato il mio amore ed ho voluto incontrare i miei.
Figlia unica, mi hanno tenuto sotto una campana, laureata due volte, ma ero imbranata e non sapevo relazionare. Ora cammino, vivo e mi diverto, grazie a chi mi ha preso per mano e poi me l’ha lasciata.
Faceva avanti e indietro con l’ auto in un parcheggio di trastevere. Sono sceso e gli ho chiesto: esce o entra ? mi ha risposto: “a li mortacci tua e di quel bastardo che tua moglie porta nel grembo”. L’ho steso a sangue. Non potevo continuare così, ho capito che la mia rabbia dipendeva dal mio capo, l’ ho affrontato, ho cambiato lavoro ed ora sono sereno.
Mia madre tradiva mio padre, così ho fatto un pieno di donne per odiare mia madre; le ho tutte tradite, l’ una con l’ altra. Ho compreso il mio odio per lei e che le altre non centravano nulla con lei. Ho iniziato a mandarle a casa, una ad una. Ora sto conoscendo chi sono, cosa voglio e chi mi portavo dentro.
Ero chiuso da anni in una stanza, cosa ci facevo ? Aspettavo mio padre che venisse a prendermi, l’ ho visto dieci volte in vent’ anni. Quanta sofferenza e tempo perduto. L’ ho cercato e affrontato e mi ha risposto: “ma lo hai capito che non voglio esserti padre ? ”. Lo avrei picchiato, ma ho compreso ciò che lui non sa, che è malato, ho raccolto le mie forze e sono ripartito da me e da chi mi ha veramente amato.
Non ho mai conosciuto un abbraccio, una carezza o un come stai ! Dai 14 anni avevo solo la coca come il mio amore, per la mia famiglia ero una vergogna. Ora che ne sono fuori, ho la consapevolezza che per fare un figlio, bisogna starci con la testa.
Mia madre per tutta la vita mi ha ribadito che la mia nascita non era stata gradita e dovevo ringraziarla per avermi messo al mondo e che oggi dovrei esserle molto riconoscente. Grazie mamma, per la tua infinita bontà.
Ho 21 anni, la mia passione era diventar medico, non studio più e vivo di sensi di colpa, mi sento un incapace; per i miei, sono la loro unica loro realizzazione, quanta responsabilità, tante aspettative, senza il mio impegno, loro falliscono, non posso sottrarmi a questo impegno, sono bravi, glielo devo, ma alle volte mi sento manipolato con tanto affetto, mi marcano stretto, non capiscono perché sono in depressione acuta, mi manca l’ aria e mi sono bloccato; vendo cara la pelle, non posso deluderli, non voglio diventare loro un peso, devo farcela da solo o magari soccombere se fallisco.
Sono un ragazzo semplice con una passione altrettanto semplice, diventare un musicista. Mio padre non ha mai creduto in me. Mi ha spezzato sempre la voglia di andare avanti. Mi ritrovo anni fuori corso perché “<< la musica non ti dà da mangiare, vai a lavorare >>”. Oggi ho ripreso alla grande con i miei interessi al centro del focus della mia vita.
Cosa c’è di strano e di incredibile in in queste storie vere ? Nulla per i così detti “matti” per i quali tutto è lecito e regolare, ma i “normali” allora chi sono ? Essi sono le vere vittime di certi eventi incresciosi. In queste storie non ci sono argini, ne confini, ne vinti o vincitori, tutto sembra consentito. Percepiamo che tutto deve avere un limite, quando è troppo è troppo, ma questo limite chi lo decide ? Sembra che entrambi abbiano inequivocabilmente e indiscutibilmente ragione. Ma in realtà, non è così .
Esiste una sola verità, se esiste un dolore mentale, non c’è giustizia che tenga. Cosa lo decide il confine tra benessere e malattia ? Lo decide semplicemente e senza ombre di dubbio o alcun minimo equivoco, un dato certo, molto evidente ed irrinunciabile e non equivocabile, è il saper vedere e il rispetto per l’ altro, il Rispetto, che in queste storie viene ripetutamente trascurato ed omesso, sembra spregiudicatamente che tutto debba andare per forza così.
La psicopatologia consiste nel fatto che, il problema non si pone nemmeno, perché la parola “ rispetto “ non esiste nel vocabolario della malattia mentale . A tutti capita, dagli addetti ai lavori e innanzitutto ai non, di incrociare situazioni molto spiacevoli, ai limiti dell’ incredibile e dell’ assurdo, ma la “diagnosi”, la puoi fare già tu, di persona ed in diretta, da solo; gli “altri” non ne sarebbero capaci. Su quale base base potrebbero, se sono immersi nel loro stesso problema ? Comprendere il proprio limite è rendersi conto o meno di cosa sia il “Rispetto”, e se esso è presente o mancante, decide il confine e la labilità tra la salute e la malattia mentale.
giorgio burdi
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