‘Sti cazzi
Mio Figlio. Fin da piccolo era affascinato da tutto ciò che era costruzione. Passava ore a smontare e rimontare giocattoli. Costruiva macchine fatte con qualsiasi cosa trovasse in casa. E così, con il passare degli anni, complice la sua passione per il Kart, il suo sogno era diventato sempre più chiaro: voleva fare ingegneria. Lo ripeteva a tutti, con una certezza incrollabile, era il suo destino!
Finito il liceo, con grande determinazione, quest’anno si è iscritto alla facoltà di ingegneria a Torino. Fuori sede. Si può bene immaginare tutto ciò che questa scelta impegnativa abbia comportato. Per tutti. Emotivamente, ma anche economicamente. La fine di settembre. Trasferimento effettuato. Io lì, emozionata come fosse la mia storia! All’alba del primo giorno di lezione, lui sembrava inarrestabile: Tutto era pronto. Quella luce negli occhi di chi sta per realizzare il suo sogno. Alle 8.00 fuori di casa! Primo pomeriggio, il suo rientro a casa dopo una lunga giornata di lezioni: quelle lunghe pagine di appunti, e concetti astratti erogati alla velocità della luce e quelle 200 persone con cui non era riuscito a scambiare neanche un “ciao” in tutto il giorno non somigliavano affatto alle sue costruzioni di bambino.
L’idea di ingegneria che si era immaginato – quella pratica, creativa, concreta – sembrava solo un lontano miraggio. Ho ben stampato in mente il suo sguardo al rientro a casa: deluso e confuso, come a chiedere aiuto. Guardandomi mi ha detto: “Non so se posso farcela. Forse ingegneria non fa per me, non è quello che mi aspettavo.”
In un attimo il mio cervello ha fatto un giro su tutto quello che la sua scelta aveva comportato fino a quel momento. “O mamma! E ora?! Che si fa?!”.. è stata per un secondo la sola opzione della mia testa. Per fortuna…solo per un secondo!
Un leggero innalzamento delle spalle, la testa un po’ indietro e leggermente da un lato, lo sguardo semichiuso, un cenno di sorriso, le braccia aperte, eeee…..” ’Sti cazzi! “. Gli ho risposto. “Farai altro!”
Con quel “sti cazzi”, liberatorio e affettuoso, non è che avessi dimenticato tutte le conseguenze che questo cambio di rotta avrebbe comportato. Semplicemente le avevo tolte dal focus. Piuttosto volevo trasmettergli che non era la fine del mondo, che non era un fallimento, ma solo un cambio di rotta. Che nulla era sprecato, poiché la vita è fatta per cercare, provare, sbagliare, ricominciare, e magari sbagliare ancora, finché non si trova davvero ciò che si ama. E che ci saremmo occupati dopo delle conseguenze di questo cambio di rotta!
Da lì, è partita la magia!
Si è sentito leggero. Ha immaginato l’alternativa. Forse avrebbe fatto un nuovo esame di ingresso in un’altra facoltà... Poco importa! Perché grazie a quel “sti cazzi”, ha compreso che poteva considerare il suo diritto a cambiare idea, senza che questo dovesse comportare ore ed ore di discussioni per convincermi che così doveva essere, senza che nessuna delusione o preoccupazione mi attraversasse la mente: poteva smettere di sentirsi in colpa per aver mosso tutto quel meccanismo (apparentemente inutilmente). Esisteva una via di uscita. Nei giorni seguenti, la leggerezza ha fatto da padrone: Stacontinuato il suo percorso. Ed è felicemente integrato.
“ ‘Sti Cazzi” è tante cose.
È l’arte della leggerezza. Dell’infischiarsene dei giudizi e delle aspettative altrui, oltre che di tutto ciò che imbriglia la propria potenzialità. È l’arte del vivere nel qui ed ora. “Sti Cazzi” è togliere importanza a ciò che reale importanza non ha; è togliere potere a chi, su di noi, potere non ha; “Sti cazzi” è la soddisfazione di uno sforzo che hai fatto, anche se il risultato non è dei migliori. E’ il potere delle tue passioni, in mezzo ad una consuetudine di doveri;
Ma “Sti Cazzi” è anche un interruttore, (metaforicamente) la valvola della pentola a pressione: quando un pensiero ci domina e l’ansia prende il sopravvento. Una paura irrazionale, una incertezza o un dubbio ingombranti… “ ‘Sti cazzi” è uno strumento potente che permette in un istante di cambiare il tono, la prospettiva. Di accettare quel pensiero scomodo, osservarlo con distacco e, di lì, cominciare una svolta riflessiva, magari attraverso una immagine che stona con le altre del momento.
Carla Ferguson Barberini, autrice del libro Super Sticazzi dice: “il metodo sticazzi, aiutando a esercitare il giusto e semplicissimo azzeramento dell’esigenza nei confronti di sé, conduce a ben due risultati che sono uno consequenziale all’altro: l’aumento dell’autostima e il successo d’azione. L’insegnamento dello sticazzismo è un invito a esserci amici e a riscoprire il sorriso dell’osservarci in ogni nostra miseria senza rammarico alcuno”.
Parole quantomai esplicative dello sticazzismo applicato: l’“Azzeramento dell’esigenza nei confronti di sé” è la via del vivere senza aspettative pressanti su noi stessi. Vuol dire che impariamo ad eliminare qull’impulso dell’ego che pretende sempre di vederci perfetti nel raggiungimento dei nostri traguardi personali. Vuol dire che riusciamo ad essere più autentici con noi stessi e nel mondo. Presenti alle sfide, ma sereni nell’affrontarle, senza dover necessariamente essere qualcosa di specifico. Vuol dire che diventiamo capaci di accettare con serenità anche i nostri limiti umani e che un errore è perdonabile.
NO. Non è superficialità. Non è indifferenza, disinteresse, noncuranza o insensibilità. È al contrario una pratica necessaria per affermare sé stessi, assumendo, il più spesso possibile, prospettive diverse e più serene.
Provare per credere, e sennò, Sti cazzi !!!
Valeria Carofiglio
Tirocinante in Psicologia Clinica
Presso Studio Burdi
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