La scalata della vita e Walter Bonatti
A volte ci dimentichiamo che la vita prima di essere un’avventura con qualcun altro è un avventura con noi stessi, alla scoperta dei nostri limiti e verso il loro continuo superamento.
In questa avventura la precarietà della vita e molto spesso le relazioni con gli altri ci mettono alla prova e rappresentano dei veri e propri challenge.
Molto spesso siamo tentati di pensare che tali challenge non dovrebbero esserci e che il fatto che vi siano, sia la dimostrazione che abbiamo sbagliato qualcosa o che qualcun altro abbia sbagliato qualcosa.
Entriamo cosi’ in un loop di colpevolizzazione nostra o degli altri, generatore di sofferenza, dal quale non riusciamo ad uscire.
Spesso inoltre ci inganniamo pensando che per gli altri non vi siano challenge da superare.
Walter Bonatti, alpinista, fine stratega della montagna, autore di indimenticabili imprese negli anni ‘50, raccontava come di fronte ad una parete che improvvisamente si presentava liscia e senza appigli, fosse costretto ad ingegnarsi per inventare punti di aggancio, che a prima vista non sembravano tali, a ricercare nuove strade, spesso lasciandosi dondolare nel vuoto come un pendolo per ampliare la prospettiva.
Walter Bonatti nelle sue scalate era animato dalla ferma convinzione che il nuovo appiglio, il nuovo passaggio, seppur momentaneamente nascosto alla vista, fosse lì, alla sua portata, da qualche parte e gli avrebbe aperto la strada verso la vetta.
La relazione di Bonatti con la montagna è una metafora della relazione dell’uomo con la vita, in cui sforzo, solitudine, solida preparazione psico-fisica, consapevolezza degli ostacoli che si presenteranno e capacità di tollerare la sofferenza sono coltivati grazie ad una profonda fiducia nel fatto di essere destinato alle “altitudini”, in cui fantasia e creatività si dispiegano e fanno sentire l’uomo pienamente vivo.
Fondamentali erano per Bonatti gli attrezzi che egli portava con sé e che sapeva adattare alle esigenze del momento.
Anche ognuno di noi nasce e cresce con una cassetta degli attrezzi, quando ci sentiamo persi è spesso perché abbiamo dimenticato di possederne una, abbiamo perso la fiducia nella nostra capacità di utilizzarla e nel fatto che lì dentro vi può essere quanto ci serve, ma soprattutto abbiamo smesso di credere che quelle “altitudini” sono sempre alla nostra portata, in modi diversi, indipendentemente dalla nostra età e dalla nostra momentanea situazione di vita.
La psicoterapia ci può aiutare a ricordare che abbiamo una cassetta degli attrezzi e a scavare nella nostra cassetta alla ricerca dello strumento giusto, che è solo nostro.
Si tratta di un percorso che se da un lato implica la consapevolezza della nostra solitudine di fronte agli ostacoli,dall’altro ci fa prendere coscienza della nostra forza e delle nostre risorse e ci aiuta a rimanere allenati per nuove sfide e a meglio riconoscere e a scegliere i nostri più validi compagni di cordata.
Anche noi come Bonatti, alpinisti della vita, dobbiamo ogni tantoalzare lo sguardo per ricordarci che la nostra vetta ci attende e, quando serve, farci dondolare come un pendolo per ampliare le prospettive, spostarci anche solo per un istante da ciò che non ci fa andare avanti, perché la prima e la più importante azione della vita è cambiare lo sguardo, avere fiducia nel fatto che sempre nuovi percorsi interiori od esteriori sono alla nostra portata per raggiungere le nostre cime.
Dobbiamo credere che la vita, come la montagna per Bonatti, ci fornisce gli ostacoli, ma anche quegli strumenti, quegli appigli,quei passaggi, tanto più perigliosi, quanto liberatori.
Dott.ssa Laura Cecchetto
Tirocinante di Psicologia presso lo Studio BURDI
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